Antimafia
Nessuno vuol fare il pm in Sicilia:
quattro domande per 55 posti
Una gip da Milano a Palermo: «Colleghi esposti, andare è un dovere morale». L'Anm: «Numeri drammatici»
MILANO — Nessuno, o quasi, vuole andare a fare il pubblico ministero in Sicilia. Nella terra dove sono morti ammazzati dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il concorso per coprire 55 posti di sostituto vacanti in quattordici Procure è stato un insuccesso totale. Si sono fatti avanti appena quattro magistrati: tre per Palermo, uno per Catania. «Un disastro dalle tante e profonde ragioni», commenta Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati. A gennaio il Csm ha bandito un concorso per 205 posti vacanti in 97 diversi uffici, un quarto dei quali è scoperto nella sola Sicilia. I risultati sono stati deludenti per la regione, per il Sud in generale, ma anche per alcune sedi del centro e del Nord. Le ragioni sono note e, per la Sicilia si aggravano: oltre all'esposizione di chi fa il magistrato lì, distanza e difficoltà nei collegamenti con il resto della nazione scoraggiano i trasferimenti. Falcone e Borsellino
C'è poi il fatto che coloro che ora fanno i giudici non sono propensi a diventare pm perché in caso di ripensamento non possono tornare sui propri passi se non dopo cinque anni trascorsi in una regione diversa da quella di provenienza professionale e talvolta neppure confinante. Nello sconsigliare i movimenti, giocano un ruolo decisivo anche la carenza di mezzi tecnici e investigativi in molte aree del Sud e la norma che impedisce di lavorare in Procura ai magistrati di prima nomina, un tempo vero bacino in cui le Procure delle Meridione traevano linfa vitale. Molti, infine, restano alla finestra in attesa di capire fino a che punto la politica arriverà nei progetti di separazione delle carriere e di riforma della figura del pm e degli strumenti di indagine.
La conseguenza è che per i 12 posti di Palermo si sono fatti avanti in 23, ma 20 magistrati si sono ritirati all'ultimo momento dopo aver «saggiato» posizione e punteggio personale, mentre a Catania un solo posto su 7 è stato coperto e ritirate ben 11 domande. Per gli altri 12 uffici è stato il vuoto pneumatico. Non è arrivata neppure una domanda, zero. Secondo dati non ufficiali, resteranno senza titolare 7 posti a Caltanissetta, 6 a Trapani, 4 a Gela e Ragusa, 3 ad Enna, Marsala e Termini Imerese (dove, dopo il trasferimento a Palermo di due pm, rimangono solo il procuratore e un sostituto), due ad Agrigento e Nicosia, e uno a Barcellona Pozzo di Gotto, Sciacca e alla Procura dei minori di Caltanissetta. «Numeri drammatici. Scontiamo gli attacchi al pm e il fatto che in questo momento la sorte di questa figura non è chiara», conferma Palamara che con la giunta dell'Associazione ha partecipato nei giorni scorsi in Sicilia a un'assemblea dei magistrati della regione dopo la quale è stato mandato al Csm un documento con una piattaforma di proposte. Resta che «in zone a forte presenza della criminalità organizzata — denuncia — ci sono Procure che rischiano la chiusura per mancanza di magistrati».
Una «emergenza gravissima» contro la quale rischiano di essere inutili gli incentivi (2.500 euro al mese per 4 anni) previsti nel prossimo concorso per 100 Procure le quali, proprio perché non ambite, ora diventeranno sedi disagiate. Ma per il presidente dell'Anm gli incentivi dovrebbero andare «anche a chi resta lì a lavorare nei sacrifici». Dei tre nuovi pm palermitani, l'unico ad arrivare da fuori regione è Alessandra Cerreti, che è anche uno dei soli tre giudici in Italia che in questo giro sono diventati pm. Gip a Milano, lunga esperienza in tribunale in processi di criminalità organizzata ed economica e di terrorismo internazionale, prima di trasferirsi a Palermo andrà anche in applicazione per 6 mesi a Reggio Calabria dove la forte carenza di giudici ha causato di recente alcune scarcerazioni. Non è la nostalgia a farla tornare nella sua terra (è messinese), ma, dice, lo «spirito di servizio e una sorta di dovere morale nei confronti di uffici giudiziari particolarmente esposti, in cui i colleghi sono costretti a operare in situazione di difficoltà».
Giuseppe Guastella
gguastella@corriere.it
13 marzo 2009
5 commenti:
Forse la motivazione è anche da ricercarsi in certe "voci" sommesse che corrono a detta di tutti persino negli stessi tribunali siciliani, le quali parlano di una certa magistratura siciliana affetta da baronismo, come nelle università, e manifestatamente allineata alla politica "mafiosa" di questa regione, da destra a sinistra.
Probabilmente i giovani magistrati, che invece non vogliono evidentemente sottostare a queste caste di presuntuosi, prepotenti, prevaricatori, che in tutti i settori dello Stato in Sicilia, notoriamente, sono una sorta di irremovibili "padri padroni", preferiscono persino rinunciare ad incentivi cospicui non venendo nelle sedi siciliane.
E che di questo argomento non se ne può parlare. Mi è capitato addirittura di essere censurato persino su dei blog, soprattutto da coloro che da un lato fanno del gratuito moralismo o i difensori dei “deboli” e poi per un altro verso si rivelano dei palesi “lecca-natiche” di questa o quella fazione politica.
Alla fine, di questi posti non coperti, che poi si tramutano in ulteriori disservizi dello Stato (siamo ormai sommersi da questi disservizi, a mio parere preordinati dal sistema “mafioso” statale e privato che “pascola”) pagheremo sempre e solo noi cittadini, che però più tempo passa e più assomigliamo alle “scimmiette”, perché non sentiamo più, parliamo più, non vediamo più, tanto che seppure dei cani randagi diventano oltremodo pericoloso ce ne accorgiamo solo quando nuore un bambino oppure una ragazza viene ridotta in fin di vita rimanendo sfigurata in viso.
E d’altronde, basta ad esempio pure guardare le nostre strade, ormai così trascurate dallo Stato da essere pericolosissime, perché ci dicono di non avere soldi, ma poi per le solite manifestazioni culturali (l’ombrello della mafiosità, come le chiamo io) li trovano sempre, così come per i loro milionari compensi e stipendi.
Anche qui quoto al 100 %
La politica, o si fa oppure... si subisce. C'è poco da fare!
Potremmo rifiutarci di votare, è vero! Ma tutti gli altri lo farebbero e... deciderebbero al nostro posto.
Solo una sana "rivoluzione siciliana" tramuterebbe le pecore in leoni. Ma... a molta gente sta bene anche così.
Anche al 100% con Bonarrigo !
“La politica si fa oppure si subisce”.
Giovanni, come spesso, tocca un tasto molto dolente della nostra attuale società.
Abbiamo visibilmente tutti, e troppo, delegato ad “altri” la gestione e l’amministrazione dello Stato, dedicandoci ai cosiddetti “fatti nostri”, pensando che tutto girasse regolarmente, anche per sola inerzia.
I risultati sono sotto gli occhi di chi può ancora vedere con il cervello.
Però, non credo si debba dimenticare, che ad esempio noi siamo in Sicilia, dove la mafia non è notoriamente solo quella criminale, ma anche quella, a detta di tutti, della politica e delle istituzioni in generale. Noi Siciliani peraltro, per un verso lo sappiamo bene, ma per sopravvivere dobbiamo troppo spesso fare finta di nulla, dobbiamo dire altro ed essere quasi sempre “obbligatoriamente” evasivi, e soprattutto e purtroppo, fare pure crescere i nostri figli insegnandogli (in privato) innanzitutto queste “regole” per non vederli inconsapevolmente “travolti” poi da questo Stato “mafioso” oltre che ammazzati dalla criminalità. Una volta, un vecchio deputato che ora è morto, mi disse (affettuosamente) visto “non stavo mai fermo”, di fare più attenzione, perché “qui appena ti muovi troppo ti buttano la colla” (aveva visto giusto).
Poi, per carità, gli “eserciti” di servi del capitale, picciotti dei partiti (da destra a sinistra) e zerbini delle istituzioni, diranno invece che in Italia c’è la democrazia (governo del “gregge”) e libertà individuale e collettiva.
Ma ritornando al commento di Giovanni, sono d’accordo che non votare è errato, anzi è certamente un “pilotato” favore che si fa alla “mafiosità” del “sistema” politico-istituzionale. Invece sulla “rivoluzione siciliana” ho dei dubbi, anche per i motivi prima espressi. Anzi, mi piacerebbe capire, in termini concreti, come mai in Sicilia, notoriamente, prima sono tutti passati alla PDL, poi al MPA, adesso all’UDC. E a chi “offre” di più ?
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